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Export di vino in Paesi Emergenti: le nuove opportunità offerte dai fondi Ocm Vino Paesi Terzi

I successi delle cantine italiane nel mondo continuano a registrare incrementi, nonostante le piccole e grandi difficoltà dettate dalla Pandemia ancora in corso. I mesi più caldi dell’emergenza sanitaria, tuttavia, sembrano ormai alle spalle e, nonostante per cantare vittoria sarebbe meglio attendere gli sviluppi dell’inverno in arrivo, le transazioni nei principali Paesi Target per gli italian wine sembrano mosse dal desiderio di tornare a crescere, e lo stanno facendo.

È il caso della Cina, interessata da una nuova e positiva ondata di importazioni, dovuta anche in parte alla retrocessione sul mercato dei vini australiani, da sempre tra i player più attivi sulla piazza.

Tuttavia, i risultati più interessanti continuano ad arrivare da nuovi poli di attrazione con allettanti prospettive di sviluppo. Paesi sui quali la diffusione della cultura enoica sta rapidamente facendo breccia, coinvolgendo in particolar modo le nuove generazioni, sempre più alfabetizzate sul vino e con una particolare affezione per storici Paesi di produzione, come Italia, Francia e Spagna.

Paesi emergenti per l’export di vino: un’opportunità da cogliere

Tra le fila di questa categoria troviamo nazioni come Svizzera, Russia e Paesi Scandinavi, insieme ad altri piccoli poli del nord ed est Europa, dove la domanda di vino – seppur ancora di gran lunga minore rispetto ad altri top importer – ha incrementato le percentuali.

Nazioni che hanno visto crescere la domanda in un periodo molto particolare, ovvero quello dei mesi più duri della Pandemia e che, per questo, continuano ad essere monitorati da produttori, associazioni di categoria e professionisti del settore.

Tra questi, esistono inoltre tutta una serie di altri Paesi, che potremmo definire “minori”, in grado di rappresentare un’occasione per piccole e medie cantine, interessate ad entrare nel mondo dell’export internazionale di vini assecondando richieste ben remunerate di quantitativi alla loro portata. Il tutto, grazie anche al supporto dei fondi comunitari per l’apertura di nuovi mercati esteri in Paesi extra-UE: i fondi Ocm Vino Paesi Terzi e, in special modo, nelle misure previste proprio per i cosiddetti “Paesi Emergenti”. Questi ultimi, infatti, godono di contributi minimi e altre condizioni, per così dire, “agevolate” rispetto a quelle previste per gli altri Paesi Terzi, più accessibili in particolar modo alle piccole cantine.

Ocm Vino Paesi Terzi: attività finanziabili in Mercati Emergenti

Sono definiti “Mercati Emergenti” i Paesi inclusi nell’allegato “R” dei nuovi Organizzatori Comuni di Mercato per l’export di vino all’estero. Tra questi figurano perlopiù nazioni del sud-est asiatico, dell’est Europa, nord e sud Africa e Centro – Sud America, alcuni dei quali con interessanti prospettive.

Australia

Nonostante l’Unione Europea rappresenti il secondo partner commerciale del Paese, i dazi per l’importazione di prodotti alimentari in Australia, tra cui le bevande alcoliche, sono ancora un fattore in grado di condizionare pesantemente il mercato.

L’Australia, infatti, contempla accordi di libero scambio con diversi Paesi asiatici (Cina, Giappone, Singapore, Malesia, Corea, Thailandia), Stati Uniti, Cile e Nuova Zelanda, che rappresentano circa il 26% delle transazioni totali registrate ogni anno, ma attualmente non con altre nazioni. Dal 2018 è stato avviato un confronto con l’Unione al fine di abbattere questa ed altre barriere economiche tra i due mercati ma, anche a causa del sopraggiungere della Pandemia, un vero e proprio accordo non è stato ancora siglato.

E se, da un lato, è vero che l’Australia desidera, ovviamente, tutelare i propri produttori di vini dalla possibile minaccia di una maggiore concorrenza internazionale in patria, altrettanto vero è che gli stessi produttori, e con loro quelli stranieri, potrebbero in futuro beneficiare di nuovi accordi in grado di agevolare le vendite nei due territori.

Al momento, le tassazioni vigenti per l’importazione di vini in Australia prevedono:

  • pagamento di un sovrapprezzo di base del 5% applicato sul valore commerciale del vino (prezzo d’acquisto);
  • WET (Wine Equalization Tax), pari al 29% sulla somma del valore commerciale + Duty, spese di trasporto (o postali) e assicurazione;
  • GST (Good & Services Tax), pari al 10% sul totale di cui sopra.

Il tutto, per un ricarico complessivo da parte delle autorità che gravita intorno al 45%, senza contare le provvigioni di intermediari e eventuali sovrapprezzi per ispezioni doganali, generalmente non previste per il vino. Nonostante questo, il mercato dei vini italiani importati in Australia  sfiora per valore i 60 milioni di euro annui, con 15 milioni di litri nel 2018. L’Australia, inoltre, è ad oggi la decima nazione per consumo di vino al mondo.

Cina (Anhui)

La provincia di Anhui è situata nella parte più orientale della Cina. Questa – relativamente – piccola porzione della Gigante Asiatico conta circa 62 milioni di abitanti ed è inclusa tra i mercati dei Paesi Terzi considerati anche emergenti.

Le normative che regolamentano le importazioni sono, ovviamente, le stesse considerate dal resto del mercato cinese, ma gli incentivi previsti dal fondo comunitario per importare vino in questo territorio costituiscono un ottimo canale per la vendita di vino nel Paese.

Emirati Arabi

La vendita di bevande alcoliche nel capitale finanziaria a prevalenza musulmana è tollerato e anche ambito. Tuttavia, l’ingresso di vini di importazione è ancora pesantemente condizionato da dazi del valore del 50% sul prezzo finale di vendita.

Un fattore che, negli anni, ha agevolato cantine con buoni contatti nel Paese, specie nel settore della ristorazione, riuscite nell’impresa di posizionare le proprie etichette su fasce extra – lusso, senza eccessiva ingerenza di concorrenti internazionali.

Per maggiori informazioni sull’export di vini a Dubai, leggi questo articolo.

Norvegia

L’importazione di vino in Norvegia ha registrato in questi ultimi anni un incremento sensibile, specie dal fronte italiano. Le accise applicate dal Vinmonopolet, l’organismo statale che regolamenta la diffusione di bevande alcoliche nel Paese, variano a seconda del volume alcolico del prodotto, e sono previste per i soli canali della GDO e non per quelli legati alla ristorazione.

Una norma, quella relativa al tasso alcolemico, retaggio delle decennali campagne di sensibilizzazione dei Paesi Scandinavi circa le bevande alcoliche che, sul finire degli anni ’80 hanno determinato pesanti ripercussioni per il sistema sanitario locale.

Retaggio, tuttavia, che appartiene al passato, grazie ad un pubblico oggi più morigerato nel consumo e, allo stesso tempo, incline all’acquisto di prodotti di qualità elevata, anche a fronte dell’alto potere di spesa pro-capite della popolazione (5 volte superiore a quella italiana).

Sud Africa

In Sud Africa esiste una sostanziale differenza tra mercato dei vini di lusso e bevande alcoliche in generale. Con un consumo pro-capite di vino pari a 7,6 litri annui per una popolazione di circa 55 milioni di abitanti, il solo vino italiano rappresenta annualmente una quota di mercato del valore di oltre 3 milioni di euro.

Il calcolo delle accise avviene attraverso la moltiplicazione tra litri e aliquota del dazio prevista sulla base delle diverse normative che regolamento l’ingresso di bevande alcoliche nel Paese, alle quali è consentito l’ingresso solo attraverso distributori locali.

Taiwan

La piccola ma modernissima Taiwan ha visto negli ultimi anni un esponenziale incremento dei consumi di vino, pari a +8,8% annuo. Il consumo medio pro-capite di 1,13lt, si distanzia appena dai volumi di altri importanti poli orientali, come Cina e Corea.

Con 24 milioni di abitanti, di cui 1/10 nella sola Taipei, Taiwan conta un numero sempre maggiore di appassionati di vino, molti dei quali giovani donne. Le importazioni dall’estero hanno un ruolo centrale e sono in costante aumento, specialmente per quel che riguarda il vino made-in-Italy, e rappresentano un valore complessivo di oltre 190 milioni di dollari locali ogni anno.

Il ruolo di ponte dell’isola di Taipei verso altri importanti Paesi dell’area orientale, e le accise relativamente basse sui vini di importazione (appena il 10%) hanno reso negli anni quest’isola uno dei Paesi emergenti più gettonati per il settore.

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Antonio Secondo



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