export vino italiano 2022

Le proiezioni SACE – Mediobanca sull’export di vino italiano nel 2022

Con il finire di questo secondo anno di pandemia il mondo del vino italiano inizia a tirare le somme delle prestazioni ottenute in patria e all’estero. Dopo le pesanti ripercussioni del 2020 dal quale, come vedremo, gli italian wine sono usciti – in un certo senso – vincitori e la significativa ripresa dei consumi in questo 2021 arrivano le prime proiezione degli esperti sul 2022, da trattare, ovviamente, con i guanti.

Facciamo allora un breve riepilogo su quanto accaduto in questi ultimi due anni, venendo poi alle proiezioni pubblicate nell’ultimo report redatto a sei mani da SACE, Mediobanca e Ipsos relativo al nuovo anno in arrivo.

Export vino italiano nel 2020: numeri tutt’altro che negativi

La flessione c’è stata, e anche notevole, ma la resa in perdita nelle spedizioni di vino all’estero del 2020 raccontano una storia ben più complessa di come potrebbe apparire.

In primo luogo perché l’Italia è stato il primo Paese europeo, e tra i primi a livello globale dopo la Cina, a fare i conti con la Pandemia. Alcuni altri importanti Paesi stranieri non hanno subito, della cosiddetta “prima ondata”, che un breve colpo di coda poco prima delle grandi riaperture estive.

L’Italia, nel marzo dello scorso anno, era invece vulnerabile e completamente impreparata a fare i conti con l’emergenza, ritrovandosi a gestirla nell’unico modo possibile al tempo: la chiusura totale e completa. Pochi altri Paesi hanno subito un lockdown così duro, il cui spettro – invece – aleggia oggi su altri importanti poli commerciali, Regno Unito e Germania in primis.

I dati export del primo trimestre per i vini italiani, tuttavia, hanno segnato in positivo nonostante l’insorgere della pandemia. Un effetto, a dire il vero, dovuto alla “corsa” innescata dagli annunci di possibili chiusure delle frontiere, che ha determinato una breve ma fortissima crescita da parte di importatori internazionali, preoccupati di rimanere a secco. Un picco di transazioni che ha giocato a lungo termine un ruolo determinante sul bilancio annuale, contribuendo a risollevare un minimo il pesante crollo dei mesi a venire.

Inoltre, come detto più volte, l’Italia del vino ha effettivamente registrato sensibili perdite a causa della Pandemia (circa il 10% in meno di spedizioni per volume, pari a diversi miliardi di euro), ma nettamente inferiori ad altri importanti player internazionali come Francia (-17%) e Spagna (-13%). Un fattore legato principalmente al forte posizionamento delle etichette italiane in fascia value, quindi più strettamente connesse al segmento retail e alla grande distribuzione, che a livello internazionale non ha subito perdite considerevoli, ma anzi – in molti casi – ha incrementato il fatturato.

Tutto questo, unito ad altri fattori endemici del mercato, come il crollo dei vini australiani e Cileni in Cina della primavera scorsa, una buona vendemmia nel 2020 e l’applicazione di revisioni a fondi comunitari come l’Ocm Vino, ha certamente contribuito a rappresentare una rete di salvataggio per i vini del Bel Paese. Una perdita complessiva, quindi, da leggere altresì come una piccola vittoria, a testimonianza della solidità e capacità di resilienza del vino italiano nel mondo.

Export vino italiano nel 2021: bilancio di fine anno

Il primo semestre del 2021 si è chiuso in positivo per le spedizioni di vino all’estero, guadagnando un incremento maggiore anche rispetto al 2019, anno record per i vini italiani. Il recupero di importanti denominazioni, come i rossi toscani e piemontesi e il segmento dei vini frizzanti, crollati nei mesi più caldi dell’emergenza sanitaria, ha risollevato gli affari, e il morale, di produttori e consorzi, offrendo all’intera filiera una agognata tregua.

Certo, non sono mancate molteplici criticità, come l’evidenza che il peso maggiore della crisi ancora in atto sia stato (e continui ad essere) sorretto dalle piccole cantine, segnate più di altre dalle pesanti ripercussioni della pandemia. A testimoniarlo, tra gli altri, è l’ultimo rapporto export di vini, spiriti e aceti redatto da Nomisma per Federvini – Fincommercio, all’interno del quale appare chiaro che a perdere terreno in modo più drammatico siano state le aziende agricole con fatturati inferiori a 2 milioni di euro, mentre quelle con bilanci superiori ai 50 milioni hanno di fatto incrementato i propri guadagni oltre il +27%.

Un dato che deve far riflettere l’intero settore del vino, alle prese con una svolta epocale: quella verso una maggiore digitalizzazione non solo del lavoro, ma anche delle strategie di export, dovuta anche e soprattutto dall’exploit delle fiere digitali. Portali che hanno in un primo momento rappresentato una interessante alternativa alla mancanza delle tradizionali fiere in presenza, ma che sempre di più sembrano affermarsi come strategie a se stanti, più pratiche ed economicamente sostenibili, per dare continuità all’export, specie per piccoli e medi produttori.

Previsioni export per il 2022: le stime Mediobanca

Ed è proprio il segmento online ad aver rappresentato il core dell’ultimo report pubblicato da Mediobanca, in collaborazione con SACE e Ipsos. Un segmento che ha già dimostrato le proprie potenzialità generando fino ad oggi:

+74,9% le vendite sui portali web di proprietà,
+435% per le piattaforme online specializzate,
+747% i marketplace generalisti.

Non a caso, gli investimenti nel digital dei maggiori produttori di vino lo scorso anno sono aumentati del +55,8%, a fronte di un calo del 14,3% degli investimenti complessivi e del 13,4% della spesa pubblicitaria.

A beneficiare maggiormente dell’opportunità sono stati, come detto, i vini in fascia value, con il +70% di fatturato. È quindi possibile ipotizzare che il mercato continuerà a seguire questo trend anche nel 2022, continuando a distaccarsi gradualmente dalla vendita diretta, che resta tuttavia ancora il primo canale preferito dal pubblico per l’acquisto di vino, ma con le dovute precauzioni.

A variare, infatti, iniziando ad essere le preferenze del pubblico, a fronte della sempre maggiore ricerca di vini di qualità, biologici, naturali e a denominazione protetta o geografica. Un trend che ha già iniziato a determinare una crescente polarizzazione della fascia di prezzo, con l’accentuarsi della forbice tra prodotti value e premium.

Il futuro del vino italiano è online

Indipendentemente da quali saranno gli sviluppi in termini di prodotti, appare ormai chiaro come il futuro dell’export sia indiscutibilmente legato all’online. Innovazione necessaria divenuta già realtà, che ha ormai coinvolto anche “mostri sacri” dell’enologia made in Italy, a cominciare dal Vinitaly, che da due anni a questa parte ha iniziato a rivedere format e eventi di fiera e spin-off anche in digitale.

Un trend cavalcato anche da consorzi e associazioni di categoria, sempre più inclini all’organizzazione di eventi di promozione, matching e btob online rivolti a cantine e importatori.

E sono anche le stesse agenzie di export management a rinnovarsi, con il lancio di piattaforme utili allo scouting e all’incontro con gli importatori, come Wine Business Hub: la prima fiera digitale per il vino italiano per vendere vino all’estero a importatori di tutto il mondo. Uno strumento in grado di ridurre sensibilmente i costi e gli investimenti rispetto alle tradizionali fiere in presenza, offrendo ai produttori maggiori possibilità di concentrarsi sul proprio lavoro, evitando viaggi e spostamenti, e aprire nuovi mercati per l’export comodamente dal proprio ufficio.

Antonio Secondo



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