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Europa, Regno Unito, Cina e USA: l’export di vino italiano si sposta online

Tre importanti appuntamenti per il vino italiano hanno visto la luce nell’ultimo mese. Due di questi organizzati all’interno dei confini europei, o quasi, con il sostegno dei fondi comunitari Ocm Vino Paesi Terzi, incentrati sull’incontro virtuale con importatori britannici (oggi, formalmente, fuori dall’UE) e norvegesi.

Il secondo oltreoceano, dove un numero selezionato di cantine vinicole siciliane ha incontrato giornalisti/e e importers statunitensi per promuovere vini e territorio della regione. Un match, quest’ultimo, che ha visto la partecipazione di numeri professionisti newyorkesi, e di molti altri, collegatisi online da diversi Stati USA.

Tre importanti occasioni per continuare il lavoro di promozione dei vini italiani e dei suoi protagonisti, ma anche per ribadire l’ormai lampante importanza delle strategie online per migliorare il posizionamento dei vini made in italy a livello internazionale.

Perché il vino, perché italiano, perché online

L’export di vini italiani ha rappresentato in questi anni il segmento più importante per la filiera enogastronomica italiana, e non solo. Potremmo parlare senza rischio di esagerare di un motore trainante per l’economia del Bel Paese.

I numeri del vino registrati in termini di esportazioni (in volumi e valore) nel 2019 avevano fatto ben sperare anche per l’anno successivo. Che, come sappiamo, ha tradito ogni aspettativa per cause di forza maggiore. Tuttavia, proprio l’anno nero delle economie globali, pesantemente condizionato dall’insorgere dell’emergenza sanitaria, ha di fatto rappresentato il maggior successo proprio per gli italian wines. Anche se in modo diverso.

Se per quanto riguarda le performance commerciali ci si è, purtroppo, dovuti accontentare di un generico calo registrato in molti dei più importanti mercati internazionali, sotto il punto di visto della “tenuta”, la filiera del vino italiano ha saputo dimostrare tutta la sua stabilità e resilienza.

Nonostante, infatti, proprio l’Italia sia stata il primo Paese occidentale ad essere colpito dalla pandemia, in modo del tutto inaspettato e – per questo – non organizzato a gestirla, le potenziali perdite per la filiera enologica potevano essere ben peggiori. Un deficit minore del 10% sulle transazioni complessive, dettato in gran parte dalla retrocessione sul mercato degli sparkling, poteva avere conseguenze ben peggiori.

Conseguenze, che si sono invece registrate in altri importanti Paesi produttori, come la Francia (-17% in valore di wine export nel 2020) e la Spagna (-13%). Sotto questo punto di vista, la perdita conseguita dal Bel Paese assume quasi i connotati di una piccola vittoria, specialmente se si pensa allo sforzo congiunto che cantine, consorzi e export manager hanno saputo profondere per dare continuità agli affari.

Uno sforzo, all’interno del quale ha giocato un ruolo essenziale la capacità di far subito fronte alla mancanza di BtoB internazionali, soprattutto grazie alle fiere digitali e ad altre strategie online.

È ora di trovare nuove strade per il vino italiano

Secondo il The Economist, l’insorgere della Pandemia di Coronavirus ha accelerato di circa 5 anni una transizione già in atto: quella votata ad un maggiore, e migliore, utilizzo delle strategie digitali nel business.

Se questo è vero per molti settori, per quello del vino italiano lo è, o era, solo in parte. Troppo spesso, infatti, prima del 2020, la filiera enologica italiana aveva considerato il mercato dei vini online (in termini sia di BtoB che di retail) una mera alternativa a quello tradizionale. Un fattore che ha fortemente penalizzato le etichette del Bel Paese rispetto alla concorrenza internazionale.

Concorrenza, francese in primis, che negli anni, anche grazie all’innovazione digitale, ha saputo elevare posizionamento e reputazione delle sue etichette, affermandosi sempre più in fascia premium. Un successo non ancora eguagliato dagli italian wine, legati – invece – indissolubilmente (secondo Federvini) ancora troppo al segmento value anche in questo 2021.

In un mercato sempre più competitivo, caratterizzato dall’ingresso di un numero sempre maggiore di player, anche del Nuovo Mondo e altri Paesi dove fino ad oggi la cultura enologica non era costruita, l’unico e solo valore sul quale è possibile investire per restare sul mercato è quello della qualità.

L’Italia dei vini lo ha fatto, con un posizionamento del brand Made In Italy, oggi acclamato e riconosciuto in tutto il mondo. Ma è tempo di continuare a farlo, attraverso nuove strade in grado di condurci lontano.

La soluzione è a portata di click

Fiere digitali, matching online, scounting di agenti e importatori e promozione di prodotti sono oggi realtà anche nel Bel Paese, dove esempi virtuosi non mancano. Come nel caso di Wine Business Hub, la prima piattaforma italiana per trovare importatori alla ricerca di vini italiani, da incontrare in una chat room virtuale per chiudere gli affari.

Un progetto lanciato già nei primissimi mesi dell’emergenza sanitaria che ha sin da subito coinvolto grandi e piccole cantine, interessate a dare continuità, ed ampliare, i propri orizzonti di export.

Digitalizza con minimo investimento, rispetto ai normali costi di una fiera in presenza, puntando ai canali più remunerativi per il vino: horeca e grande distribuzione. La nuova sfida per il vino italiano è già una realtà, ed è a portata di click.

Antonio Secondo



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