vino e coronavirus

Il vino al tempo del coronavirus [Traduzione dell’articolo originale]

L’articolo originale sta facendo il giro del web e in pochissime ore ha già raggiunto centinaia di migliaia di utenti. Per questo motivo, e credendo che la riflessione sia interessante per molti aspetti, abbiamo deciso di proporre una traduzione dell’articolo originale di Robert Joseph pubblicato oggi (4 marzo 2020) sul sito Meninger’s Wine Business International

Sessantasei giorni o circa nove settimane e mezzo. Questo, a quanto pare, è il tempo che un essere umano impiega in media per cambiare il suo modello di comportamento.

Nello stesso lasso di tempo, con il Coronavirus nel mezzo, è anche il probabile periodo in cui fiere, degustazioni, concorsi e incontri d’affari verranno annullati (già accaduto con Prowein e Vinitaly, ndt). Ciò significa che io, e innumerevoli altri professionisti del vino, resteremo fermi.

Questo evento ci libererà dall’abitudine di volare? A prima vista, sembra improbabile. Dopotutto, è difficile immaginare il nostro lavoro senza la possibilità di far degustare il vino ai nostri stand o portare campioni in altre situazioni, o lavorare in cantina creando nuovi blend o sedendosi attorno a un tavolo per discutere dell’ultimo raccolto, su prezzi, etichette e dettagli di spedizione. Forse gli editori e i distributori di libri possono passare a riunioni virtuali, ma il vino deve essere vissuto fisicamente e sicuramente non c’è modo di farlo a distanza.

Storie di degustazioni a distanza (30 anni fa)

Per puro caso mi è capitato di assistere al primo tentativo di degustazione a distanza. Era circa 30 anni fa, il mio incontro programmato con Philip Shaw, enologo dell’azienda di grande successo Rosemount in Australia, si sovrappose a una teleconferenza che aveva prenotato con Tim Mondavi, che era responsabile della produzione di quella che era ancora l’attività vinicola della sua famiglia. Le due società avevano deciso di avviare una joint-venture e avevano bisogno di discutere gli accordi finali.

Questi erano i tempi bui prima dell’avvento di FaceTime o Skype o Zoom. L’americano e l’australiano hanno dovuto fare affidamento sul vivavoce del telefono, il che ha portato quasi inevitabilmente ad alcuni fraintendimenti farseschi nel tentativo di coordinare l’aggravio del cinque percento di iva (o qualcosa di simile) anziché del sette.

Eppure – e questo è il punto essenziale – dopo circa 45 minuti, avevano raggiunto l’accordo senza che nessuno dei due fosse volato verso l’altro, attraversando il pianeta. Oggi questo esercizio sarebbe ancora più semplice: non solo ciascuno avrebbe potuto vedere ciò che l’altro stava facendo ma avrebbe persino potuto coinvolgere altri colleghi, ovunque essi fossero, anche in un altro Stato.

Non ricordo le circostanze precise, ma all’incirca nello stesso periodo BBC Radio Scotland mi chiese di tenere una mia degustazione a distanza. Seduto in uno studio di Londra, ho dovuto condividere la mia opinione su tre campioni di vino con un intervistatore che non ho mai incontrato e un numero sconosciuto di ascoltatori in tutta la nazione. Sedendomi al microfono e porgendomi gli occhiali, infatti, l’assistente produttore mi chiese di non rivelare il fatto che non stavo rispondendo a un’intervistatore che si trovava con me, faccia-a-faccia. E devo dire che tutto ha funzionato abbastanza bene fino a quando ho capito che l’ordine in cui i miei campioni erano stati versati differiva da quello dell’intervistatore. Ma, come nel caso dell’incontro tra Shaw e Mondavi, in un modo o nell’altro, tutto aveva avuto un senso.

Oggi: un altro modo è possibile?

Oggi viviamo in un’epoca diversa. Un momento in cui grazie anche in parte ai videogiochi, i chirurghi possono indossare cuffie e visori per la realtà virtuale e aiutare i colleghi a svolgere operazioni negli ospedali a migliaia di miglia di distanza. In quest’epoca dovremmo essere in grado di gestire sessioni di degustazione a distanza e anche – perché no? – passeggiare in cantina e in vigna, e persino osservare da vicino il terreno e il modo in cui l’uva sta maturando, da molto lontano.

Viaggio troppo e troppo spesso per essere presente contemporaneamente ad eventi tra loro lontani. Potrebbe un ologramma farlo per me? Bene, tre anni fa, il candidato alla presidenza francese, Jean-Luc Mélenchon, ha effettivamente tenuto un discorso dal vivo in due città nello steso momento, comparendo in carne e ossa a Lione e come ologramma a Parigi. Nel 2016, la società di servizi professionali Accenture ha ospitato un evento per i dipendenti in cui due dei suoi dirigenti più anziani sono apparsi come ologrammi e hanno persino chiacchierato con il pubblico.

Pensi che le competizioni enologiche sarebbero certamente più difficili da organizzare? Stranamente, ho preso parte anche a una versione ante-litteram di quel tipo di evento. In Australia, ero uno dei circa cinque giudici, in una grande competizione di Shiraz che mi ha coinvolto nella degustazione di 60 o 70 vini da solo al Chateau Tahbilk a Victoria, mentre i miei colleghi assaggiatori li hanno assaggiati in un altro luogo, sempre da soli. È stato tanto tempo fa e non ricordo il motivo per cui è stato organizzato in quel modo, ma ancora una volta tutto mi è parso funzionare abbastanza bene.

Se tutto questo ti sembra un po’ inverosimile pensa che non molto tempo fa hanno creato le prime auto senza conducente. Siamo di fronte a una crisi climatica che richiede un pensiero abbastanza radicale. Forse, nei prossimi 66 giorni, il Coronavirus ci aiuterà a trovare alcune soluzioni radicali.

Robert Joseph

lisa.deleonardis

Nel consiglio di amminstrazione della società, si occupa di marketing digitale e comunicazione in Elledue. E' direttore responsabile di alcune riviste di settore (tra cui A come Agricoltura).



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