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Cosa devi sapere prima di vendere vino in Cina

La ripresa del mercato cinese è tornata a far guardare ad Oriente le economie di tutto il mondo. Lo stop alle importazioni nei primi mesi del 2020 aveva fatto retrocedere il Paese del Dragone alle ultime posizioni dei Paesi Target per il vino italiano, confermando ulteriormente gli USA quale nazione capofila.

Tuttavia, la rapida ripresa di Pechino potrebbe quasi definirsi un secondo “balzo in avanti” durante il quale la Cina ha messo in campo molteplici soluzioni per mantenere la propria posizione a livello globale. Tra queste, l’applicazione di nuovi dazi anti-dumping che, nei mesi scorsi, hanno pesantemente penalizzato i vini australiani e cileni, rispettivamente al terzo e quarto posto per importazioni nel Paese nel 2019, favorendo ulteriormente quelli italiani e francesi.

E così che, all’inizio dell’anno, proprio questi ultimi si sono riconfermati alla seconda e prima posizione per numero di transazioni, ma con valori e volumi di importazione pro-capite maggiori rispetto all’era pre-Covid.

Vendere vino in Cina: cosa devi sapere

Innanzitutto è importante sapere che l’importazione di vino sfuso in Cina è soggetto ad una maggiorazione doganale del 6% rispetto a quella prevista per gli imbottigliati (che è del 14%). Imposta di consumo e VAT restano sostanzialmente invariati in entrambi i casi, rivestendo un valore del 10% e del 16% del valore dichiarato in fattura.

Nonostante la media gradazione delle bevande alcoliche nel paese sia, com’è noto, storicamente inferiore rispetto a quelle europee, per una mera questione storico-culturale, le nuove generazioni di cinesi stanno ormai imparando ad apprezzare anche bevande con qualche grado in più. A cominciare dai vini che, da prodotto di nicchia quasi esclusivamente legato alla fascia luxury degli anni scorsi, continua sempre più a crescere in termini di consumi anche tra le fasce medie della popolazione.

Non a caso, l’ingresso ufficiale del segmento all’interno degli scaffali della grande distribuzione è stato, per certi versi, il coronamento di un lavoro sinergico ad opera di importatori, professionisti del settore, ristoratori e celebrità che negli ultimi anni hanno operato per affermare questo prodotto tra la popolazione.

Nonostante questo, il livello di consumo pro-capite di vino in Cina rimane ben al di sotto dei valori occidentali, affermandosi appena tra l’1,5 e i 2 litri a persona per anno. Viene quindi quasi spontaneo chiedersi dove finiscano i circa 800 milioni di ettolitri importati nel Paese, per un valore complessivo che supera i 2 miliardi di dollari.

Ovviamente, al netto del basso consumo, sul volume gioca un ruolo fondamentale il numero di abitanti, che in Cina sfiora il miliardo e mezzo di persone.

Numeri del vino italiano in Cina

A ridosso del biennio 2018-2019, il vino italiano, con particolare riguardo per il segmento dei rossi, ha registrato incrementi per il 45% sulle vendite in Cina. Dato, ovviamente, incomparabile con le prestazioni registrate negli ultimi due anni, sulle quali l’emergenza sanitaria ha gravato in modo pesantissimo, condizionando gli esiti finali.

In periodi “floridi”, ossia prima dell’avvento della pandemia, l’importazione di vino italiano in Cina si attestava mediamente sui 10 milioni di ettolitri l’anno. Trend in costante crescita, inoltre, è stato quello delle bollicine, con percentuali in positivo del 36% nel 2019 in termini di volume complessivo.

Dazi e certificati per vendere vino in Cina

Se la vendita di vino in Cina è stata, e per certi versi continua ad essere, fortemente legata ai prodotti di fascia alta è perché il valore delle accise doganali rappresenta un sovrapprezzo totale del 50%. Tuttavia, gli accordi di libero scambio siglati tra Pechino e l’Europa garantiscono buona circolazione, controllo e agevolazioni tra i due Paesi, con condizioni favorevoli per entrambi.

Il ricarico dei terzisti è generalmente più elevato nei canali retail, dove la provvigione dell’importatore è spesso a discrezione dello stesso. Tuttavia, la collaborazione con professionisti locali è fortemente agevolante per i produttori, che vengono redarguiti in merito a richieste particolari, posizionamento dei prodotti e, non da meno, documenti necessari alla vendita.

Tra questi, vige l’obbligo di etichettatura in lingua (coreana), per la quale – sovente – è lo stesso importatore ad occuparsi provvedendo ad inviare le etichette al produttore, complete delle informazioni necessarie, per essere applicate sulle bottiglie prima della spedizione. In questo modo, è possibile risparmiare tempo e denaro alla dogana, velocizzando operazioni di sbarco ed etichettatura nel Paese.

Infine, è bene tenere a mente che per vendere vino in Cina è necessario registrare il prodotto presso l‘ICE di Pechino, che si occuperà si acquisire informazioni tecniche e di altra natura sullo stesso.

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Antonio Secondo



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