numeri vino italiano giappone

Giappone: un mercato elitario per il vino italiano

Se la Cina rappresenta il più importante polo di attrazione asiatico per i vini europei, il Giappone si distingue per alcuni aspetti che ne fatto certamente una piazza altrettanto ambita. Nonostante il consumo pro capite annuo di vino tra la popolazione sia tra i più bassi al mondo, appena 3,5 litri a persona (che salgono a 10 nella sola area metropolitana di Tokyo), la patria del Sol Levante ha dalla sua un fattore che lo rende unico: l’esclusività.

I giapponesi amano ciò che è realizzato a regola d’arte e, in questo, il vino è certamente tra i migliori prodotti che l’Italia abbia da offrire. Non a caso, il Bel Paese si posiziona tra il secondo e il terzo posto del podio dei player internazionali per importazioni di vino, contendendosi la propria posizione con i fine wine francesi. Al primo posto troviamo il Cile che, grazie a politiche favorevoli da parte del governo locale, è riuscito a guadagnare una posizione di rilievo.

Gli ampi margini di miglioramento in termini di transazioni per i vini italiani hanno registrato buoni incrementi negli ultimi anni, senza tuttavia riuscire mai a superare lo stallo del +15% complessivo. Ecco cosa devi sapere per vendere vino in Giappone.

Export di vino in Giappone: un Paese sempre più occidentalizzato

La cultura giapponese, com’è noto, è un universo ricco di storia e tradizioni. Una cultura plasmata nei secoli di grande espansione di questa piccola isola asiatica in molteplici settori: dall’artigianato, alla cucina, passando per quelli più moderni, come l’automotive e l’elettronica. Il grande boom economico a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, con la diffusione internazionale di prodotti e “mode” nipponiche (a cominciare dal sushi, prima pietanza per ordinazioni delivery in Italia nel 2020) ha colonizzato praticamente tutti i più importanti Paesi occidentali, dall’Europa al continente americano.

Di contro, lo stesso Giappone ha in qualche modo subito un fortissimo processo di occidentalizzazione, innescato in special modo nelle metropoli maggiori. Il capitalismo industriale e le consuetudini occidentali hanno iniziato a far parte della vita quotidiana della popolazione locale, specie di quella più giovane, affermando tendenze che, grazie a internet, sono diventate consuetudini nell’ultimo ventennio.

Un processo all’interno del quale anche il vino ha trovato la propria collocazione, affiancandosi sempre di più alla cultura delle bevande alcoliche locali, a cominciare dal tradizionalissimo sakè. Da prodotto limitato a occasioni speciali e cerimonie, il vino è entrato nella quotidianità di moltissimi giapponesi, specie tra le fasce più benestanti, affermandosi come prodotto di lusso.

Non a caso, a trainare i consumi, sono ancora oggi vini high – end, conosciuti per il loro prestigio e simbolo di status quo. Tra quelli italiani figurano, ovviamente, Chianti Classico e Barolo e, da qualche anno a questa parte, anche le bollicine, con interessanti incrementi dei segmenti Franciacorta, Prosecco e vini altoatesini.

Il vino in Giappone è appannaggio dei big

Gli aspetti appena elencati fanno ben presagire come il mercato dei vini in Giappone sia ancora appannaggio di prodotti blasonati, e interdetto alle denominazioni “minori”. Un aspetto che rappresenta, però, una grande opportunità per un Paese come l’Italia, che può, anzi deve, iniziare a costruire una narrazione dei suoi vini ancora sconosciuti nella nazione in modo intelligente, prima dei suoi competitor.

Il rischio, infatti, è che altri importanti player, Francia in primis, giochino d’anticipo, guadagnando posizioni che sarà difficile eguagliare. Tutto sommato, l’export di vini in Giappone è pur sempre un segmento del valore di oltre 200 milioni di euro annui, che nel 2019 ha dato prova di un gran desiderio di crescita registrando un incremento di 17 milioni di euro rispetto all’anno precedente.

Ad essere premiati, come sempre in questi casi, saranno i primi a muoversi per permeare un mercato ancora vergine. Un mercato composto da importatori che – seppur lontani dalla capacità di fatturazione dei loro colleghi cinesi o americani – hanno già dimostrato grande affezione per le etichette italiane, offrendo una stabile continuità alle importazioni anche nel 2020, a seguito dell’emergenza sanitaria.

Cosa serve per vendere vino in Giappone

Il Giappone è attualmente firmatario di 15 EPA con Paesi di produzione enologica per favorire scambi commerciali e vendita di vino nel Paese.

Tra le documentazioni richieste nella fattura export, oltre alle canoniche informazioni circa produttore, valore della merce e simili, figurano anche:

  • numero d’iscrizione alla CCIAA e codice meccanografico (preceduto dalla lettera M, assegnato dalla CCIAA, necessario per svolgere abitualmente un´attività commerciale con l´estero);
  • caratteristiche della merce e voce doganale (se si conosce);

  • dicitura “Incoterms 2010 della Camera di Commercio Internazionale”;

  • valuta, modo di pagamento con il riferimento e data di pagamento;

  • eventuali sconti;

  • dicitura “non imponibile IVA ai sensi del DPR 633/72”, se l’ordinante è un soggetto residente in paesi extra UE.

La fattura deve essere redatta in lingua inglese e non è necessaria certificazione di origine, che può essere però richiesta dal cliente. È invece obbligatorio certificato di analisi dei prodotti, registrato presso il Ministero della Sanità giapponese, e rilasciato anche da laboratori esteri in conformità con i parametri richiesti dall’ente.

Ad ogni modo, nel contenuto del prodotto il valore di acido sorbico deve essere inferiore a 200 ppm, mentre quello di anidride solforosa inferiore a 350 ppm.

Per agevolare il pubblico, molti produttori occidentali riportano – nonostante non viga l’obbligo – una seconda etichetta in giapponese con informazioni circa denominazione del vino, varietà di uvaggi, accostamenti culinari, territorio di produzione.

I dazi sui vini di importazione in Giappone vengono calcolati come segue:

  • Spumanti – 182 Yen/litro;

  • Vini arricchiti (sherry, porto, ecc.) in contenitori fino a 2 litri – 112 Yen/litro;

  • Altri vini fermi in contenitori fino a 2 litri – la tariffa più bassa fra il 15% del valore totale o 125 Yen/litro. In ogni caso, la tariffa minima non sarà inferiore a 67 Yen/litro;

  • Altri vini fermi in contenitori da 2 a 150 litri – la tariffa più bassa fra il 15% del valore totale o 125 Yen/litro. In ogni caso, la tariffa minima non può essere inferiore a 67 Yen/litro;

  • Altri vini fermi in contenitori da 150 litri e più – 45 Yen/litro;

  • Vermouth e altri vini aromatizzati in contenitori fino a 2 litri 69,3 Yen/litro.

Vendi i tuoi vini all’estero con Wine Business Hub!

Se il Giappone è ancora proibitivo o troppo lontano per i tuoi vini, prova a dare uno sguardo al portfolio importatori presente su Wine Business Hub: la prima piattaforma online italiana per vendere i tuoi vini all’estero comodamente dal tuo ufficio!

Ti iscrivi e ricevi entro trenta giorni un primo colloquio con un importatore ideale per i tuoi vini, suggerito dai nostri export manager sulla base delle richieste di mercatomarginalità del canale e coerenza con i tuoi prodotti. Visita il sito www.cantine.winebusinesshub.com per saperne di più!

Antonio Secondo



My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.