export vino italiano

Quanto pesano i dazi USA sull’export di vino italiano? Ecco cosa è successo in Francia

Dopo la Cina, un vento di instabilità sembra tornare a soffiare anche sugli States. La guerra dichiarata dal presidente Donald Trump al vino francese, nel corso dello scorso anno, ha rappresentato un terremoto mediatico in Europa. Sconvolgimenti che hanno, giustamente, preoccupato i produttori di altri Paesi, impegnati allo stesso modo nel trade statunitense.

A pochi giorni dalla notizia di una nuova e possibile revisione delle tassazioni previste per i prodotti di importazione da parte della Casa Bianca tornano a serpeggiare timori, in particolar modo tra i produttori di fine wine. Stando a quanto successo in Francia, infatti, proprio loro sarebbero stati i più colpiti dalla maggiorazione doganale, con pesanti ripercussioni sull’intera filiera.

I dati raccolti dall’Osservatorio Nomisma Wine Monitor sul mercato del vino hanno, infatti, evidenziato come proprio la Francia sia stato tra i Paesi ad aver registrato i maggiori sconvolgimenti a caratterizzare il settore prima dell’avvento del Covid. Il periodo di comparazione è quello che va dal Novembre 2019 al Marzo del 2020, all’interno del quale le performance del vino francese negli USA sono drasticamente scese del 24% in termini di valore e del 14% in volume.

La case history francese e i numeri del vino italiano negli USA

La penalizzazione del prodotto francese non ha agevolato altri player internazionali, come in un primo momento era stato ipotizzato. L’indice di importazione negli States, nello stesso periodo, ha registrato un calo del 2%, tutto sommato contenuto rispetto alle previsioni. A dimostrazione di come lo spazio lasciato dagli exporter francesi non sia stato colmato da altri operatori.

I numeri di export italiano, nello stesso periodo analizzato dall’Osservatorio Nomisma è rimasto tutto sommato stazionario, perdendo appena lo 0,4%. Scende la Spagna, con le esportazioni di vini fermi che perdono il 3%, mentre cresce la Nuova Zelanda, con prestazioni che sfiorano il +8%. Cifre contenute, che non possono in nessun modo giustificare l’ammanco degli stakeholder francesi.

È, quindi, plausibile che, come auspicato dallo stesso Trump, l’applicazione dei dazi favorisca il mercato locale, come quello dei produttori californiani.

Il danno rappresentato dal crollo dei vini francesi ha interessato in particolar modo i vini nobili e a denominazione protetta. A soffrire maggiormente le ripercussioni delle nuove tasse i rossi di Borgogna Dop, che nel periodo oggetto dell’indagine hanno registrato un crollo massimale del 34%. Davvero troppo per un vino di lusso, se si pensa che alcune analisi di mercato effettuate a ridosso dell’annuncio di nuovi dazi lo scorso anno aveva previsto, al contrario, la maggiore sofferenza di piccoli produttori.

I dazi sul vino preoccupano anche l’Italia

Nel caso la misura delle tassazioni venisse estesa anche ad altri Paesi il prezzo dell’export potrebbe schizzare alle stelle, con fortissime ripercussioni sul mercato dei vini europei”. È quanto ha dichiarato Denis Pantini, responsabile dell’Area Agricoltura e Industria Alimentare di Nomisma.

Non vi è dubbio infatti che ciò che è accaduto per i vini francesi possa riproporsi anche per il mercato dell’export italiano. A farne le spese sarebbero, quindi, le denominazioni Dop e i vini nobili italiani più illustri, da sempre motore trainante delle esportazioni made in Italy. Il tutto in un momento molto delicato, con il mercato già profondamente penalizzato dalle difficoltà del canale HoReCa a causa della chiusura forzata nei mesi caldi della pandemia.

Il timore più grande è che l’effetto dei dazi spinga i produttori a rimodulare in termini di prezzo l’offerta di vendita, in un estremo tentativo di salvaguardare i volumi di esportazione. Primi effetti in questo senso hanno già iniziato a fare la loro comparsa con il crollo dei prezzi medi del prodotto. Nel marzo 2019, la media era fissata a 9,4 euro a litro, ma già nel marzo 2019 la stessa era drasticamente crollata a 6 euro (-36%).

Nel frattempo, si guarda con preoccupazione alla politica interna, con gli Stati Uniti alle prese con le nuove elezioni presidenziali, previste per il prossimo 3 novembre. Un fattore che, si spera, potrebbe portare ad una definitiva risoluzione del problema, e ad una maggiore serenità all’interno dei mercati internazionali.

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Antonio Secondo



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