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Vini italiani nel Regno Unito: quali sono i più richiesti e dove trovare importatori

Tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020, la questione Brexit ha rappresentato un fattore molto rilevante nel mondo del vino italiano. A guardare con giustificata preoccupazione ai possibili sviluppi relativi all’uscita del Regno Unito dall’UE sono state, soprattutto, le piccole cantine italiane che nel tempo hanno saputo guadagnare una propria posizione tra gli stakeholder del Paese. Alcune con risultati eccellenti.

È il caso del Montepulciano d’Abruzzo, che ha visto triplicare in cinque anni le sue transazioni in UK, a fronte di un ottimo posizionamento del prodotto in termini di qualità – prezzo. Un successo condiviso con altri importanti vini del Bel Paese, che hanno fisiologicamente registrato una battuta d’arresto a causa della pandemia, specie nei mesi più caldi dell’emergenza, con perdite a doppia cifra per il vino italiano sul mercato britannico registrate dai principali enti di ricerca di settore e sbandierate da tutti gli organi di stampa.

Nonostante tutto, però, il mercato del Regno Unito resta tra i principali paesi target per l’italian wine, insieme a Stati Uniti e Germania. Ed è proprio sulla piazza teutonica che, in termini di importazioni, si è registrato il deficit maggiore a causa del Covid, con il pubblico tedesco sempre più orientato all’acquisto di vini locali (+4% di volumi e +2% di fatturato) rispetto a quelli di importazione.

Ma è davvero così? Perché, nonostante il crollo dichiarato dai più famosi organi di stampa italiana, le vendite di vino italiano in Regno Unito non sembrano affatto decise a cedere terreno. E, in quanto alla Brexit, i recenti accordi siglati tra i vertici della Commissione Europea e il pool di Boris Johnson potrebbero non essere così drastici come apparivano in un primo momento. Vediamo tutto in dettaglio.

La Pandemia frena i vini italiani in UK, ma siamo pronti a ripartire

I dati raccolti dall’Osservatorio Nomisma – Vinitaly nel primo semestre 2020 evidenziano effettivamente un calo delle performance dei vini italiani sul mercato britannico (-6,5% su un totale complessivo del -17,5%). A giocare un ruolo determinante, il blocco del settore HoReCa, da sempre tra i principali canali delle filiere enogastronomiche italiane nel Regno Unito.

Fondamentale, però, è leggere questi dati nella loro totalità, contestualizzandoli nel quadro dell’anno appena trascorso e comparandoli con quelli degli anni precedenti. In quest’ottica, appare chiaro che:

  • bissare il 2019 era fattivamente impossibile

    Il 2019 è stato un anno da record per il vino italiano, sia sotto il profilo dell’incremento di valore che di volume. Le cifre raggiunte due anni fa, frutto di un ottimo posizionamento del prodotto negli anni precedenti, non ha ovviamente risentito degli ostacoli sopraggiunti nel 2020. E non solo per quanto concerne l’emergenza sanitaria, con il crollo del mercato asiatico e la crisi della ristorazione. Ad aggiungere un carico da 90 anche le politiche sovraniste di Donald Trump, che hanno sfavorito l’ingresso di prodotti di importazione (insieme al vino, anche salumi, pasta, formaggi e prodotti di pasticceria) e quelle dettate dalla Brexit, con un lieve ma significativo sconvolgimento dei mercati, oggi parzialmente rientrato.

  • I dati si riferiscono ad aprile 2020

    Il mese nero della Pandemia, quando nel caos generato dalle nuove disposizioni per contenere il contagio si è, di fatto, creata una situazione di stallo, anche quella alleggerita nei mesi successivi.

  • Il deficit italiano è una vittoria se comparato ad altri

    Come a quello della Francia, per esempio, che nel Regno Unito ha registrato un crollo del -38,6% delle vendite di vini. Il doppio rispetto al Bel Paese, dove invece le perdite sono state più contenute.

Osservando le transazioni da questa prospettiva appare subito chiaro come il vino italiano abbia saputo reggere meglio gli effetti di un anno nefasto, uscendone meglio e soprattutto molto più pronto a ripartire.

Quali sono i vini italiani più richiesti nel Regno Unito

Toscana e Piemonte le regioni meglio posizionate, rispettivamente al 5° e 7° posto tra i vini più richiesti in UK. Una classifica che vede ancora i vini francesi al primo posto, ma con ampio margine di miglioramento soprattutto per quel che riguarda i fine wine. Proprio questi ultimi, infatti, sono stati protagonisti della transizione digitale britannica, con un posizionamento di rilievo su marketplace e siti e-commerce, anche in termini di prezzo.

Circa 3 referenze su 10 acquistate online durante la pandemia riguardavano etichette italiane, con una media di oltre 35 sterline a bottiglia. Tra le tipologie più diffuse troviamo i rossi, che su Lay&Wheeler, importante enoteca online britannica, rivestivano circa il 92% delle transazioni.

Tra i bianchi, le prestazioni più indicative riguardano il Prosecco, mentre tra i vini da pasto più legati al canale della ristorazione troviamo, oltre al già citato Montepulciano d’Abruzzo, anche Verdicchio, Primitivo, Nebbiolo, Pinot Grigio, Chianti, Aglianico e vini d’alta quota, come il Riesling.

Come trovare importatori per vendere vino nel Regno Unito

In attesa di sviluppi definitivi riguardanti la questione Brexit, nella speranza di un nuovo deal che possa favorire l’ingresso di prodotti di importazione in UK, resta chiaro l’interesse degli importatori britannici per i vini italiani e i prodotti Made In Italy.

La crisi ancora in corso ha, ovviamente, condizionato i mercati ma, forti dell’esperienza acquisita in anni di lavoro nel settore, non siamo ancora pronti a rinunciare ad un importante piazza per i nostri prodotti. Per questo, già nei primissimi mesi dell’emergenza sanitaria, abbiamo lanciato Wine Business Hub: la prima piattaforma online dove selezionare e incontrare importatori di vini da tutto il mondo, alla ricerca di etichette italiane.

Una fiera sempre aperta per le cantine italiane, per vendere vino all’estero comodamente dal proprio ufficio attraverso matching online con gli importatori internazionali dell’agenzia Elledue.

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Antonio Secondo



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