export vino regno unito

Brexit: le nuove regole per esportare vino nel Regno Unito

La graduale applicazione delle nuove normative previste dalla Brexit entrerà nel vivo dal prossimo luglio, quando a cambiare saranno le disposizioni relative ai prodotti “standard goods”, che includono i prodotti alimentari.

Il vino, in qualità di prodotto soggetto ad accise, non rientra per la verità in questa categoria, ma tra i cosiddetti “controlled goods”, per i quali dal 1° gennaio scorso qualcosa in termini di obblighi e dazi doganali era già cambiato.

In realtà, tra la questione referendaria e l’insorgere dell’emergenza sanitaria sono molti gli aspetti ad essere cambiati per uno dei principali paesi target per il vino nostrano. A cominciare dai prodotti di punta. I numeri del vino italiano in UK nel 2020 parlano anzitutto di un piccolo quanto significativo calo di valore: -3%, per un totale di quasi 4 miliardi di euro. Tuttavia, la crescita in termini di volume compensa ampiamente il deficit, con un +4% corrispondente a 14,6 milioni di ettolitri.

L’ammanco riguarda principalmente la perdita di mercato subita dalle bollicine (universalmente, a dire il vero) nell’anno nero della pandemia, fortemente dovuta ai ripetuti stop per bar e ristoranti. A guadagnare maggiormente terreno è il segmento dei vini sfusi, con un passaggio di testimone tra la Francia, leader indiscussa fino al 2019, e l’Italia, oggi in prima posizione.

Vendere vino in UK: torna l’obbligo di dichiarazione doganale

Dal 1° Gennaio 2021, la circolazione di merci nel Regno Unito è nuovamente soggetta ad obbligo di dichiarazione doganale del codice ARC (o MVV, per i piccoli produttori) da allegare al documento e-AD. L’operazione può essere agevolata grazie ad un duty deferment account, in grado di seguire l’intera operazione di import prevista per i prodotti controlled good.

Per il produttore, il documento emesso dall’agenzia doganale britannica rappresenta una certificazione necessaria per richiedere il rimborso delle accise previste per l’export di prodotti italiani in paesi extra-UE.

Export vino nel Regno Unito: gli adempimenti normativi

Per importare prodotti nel Regno Unito è necessario dotarsi di codice Eori GB, diverso dalla Partita IVA UK. È possibile richiedere il codice sul sito del governo britannico.

Per espletare gli adempimenti doganali può essere utile affidarsi ad un intermediario UK, purché abilitato con bagde al Chief, sistema doganale inglese.

Per alcune procedure, come il deferred declaration, o la simplified declaration, il produttore che intende esportare dovrà possedere una propria sede nel Regno Unito o una stabile organizzazione. Per la vendita di vino su territorio britannico è invece richiesta una posizione fiscale per il rilascio di fatture a norma di legge. In questo caso è quasi sempre necessaria la SOLA apertura di Partita IVA UK, e non la costituzione di una stabile organizzazione.

Tuttavia, se il produttore possiede già un’identificazione o un rappresentante fiscale nel Regno Unito da prima del 1° Gennaio 2021 potrà continuare ad operare con la propria posizione.

Bianchi, bollicine e sfusi: quali sono i vini italiani più richiesti in UK?

Dopo le preoccupanti dichiarazioni emerse dall’indagine condotta da Wine Monitor lo scorso anno quando, alla domanda “continueresti ad acquistare vino di importazione dopo la Brexit con un incremento di prezzo del 10%?” il 24% degli intervistati rispose no.

A ben guardare, però, l’istantanea fotografata dalla ricerca riguardava un campione di appena 1.000 individui, dentro e fuori target rispetto ai vini italiani (da 18 ai 65 anni) e senza altri riferimenti di targettizzazione. Inoltre, furono gli stessi a dichiarare di sentirsi pronti a continuare ad acquistare il prodotto, purché l’incremento di prezzo fosse giustificato da una maggiore qualità.

Ad oggi, come detto, il segmento degli sfusi si fa sempre più interessanti per gli importatori di vino nel Paese. Altrettanto importante, però, in questo senso risulta aggirare i numerosi tentativi di frode ad esso legati, ampiamente verificatisi negli anni scorsi, con Prosecco e altri spumanti, da sempre gettonatissimi in UK, spacciati per italiani senza esserlo.

Certo è che, al di là delle dichiarazioni e preferenze del pubblico, a condurre la partita post-Brexit saranno ristoratori e titolari di attività di somministrazione, categoria da sempre molto più legata al vino italiano rispetto al segmento retail. L’attuale presenza media di referenze italiane sopra le 50 sterline nelle carte dei vini dei locali britannici lascia, certamente, ben sperare.

Ma ora la sfida sarà riuscire a sfondare la soglia di ingresso dei vini high-end italiani dalle 35 sterline in su nel comparto Horeca inglese, attualmente appena al 16%.

Se vuoi vendere i tuoi vini all’estero prova con Elledue!

Per vendere i tuoi vini all’estero affidati all’esperienza ultradecennale degli export manager di Elledue: oggi puoi farlo anche comodamente dalla tua cantina grazie a Wine Business Hub, la prima fiera digitale italiana dove selezionare e incontrare online importatori da tutto il mondo alla ricerca di vini made in Italy.

Scopri, scrivici e iscriviti! E se entro i primi 30 giorni non partecipi ad un colloquio con un importatore fedele alle tue richieste sei rimborsato al 100%! Prova Wine Business Hub!

Antonio Secondo



My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.