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Rincari materie prime: quanto incide sull’export di vino?

Come se l’emergenza sanitaria non avesse già condizionato abbastanza le economie internazionali, dal mese scorso i principali mercati orientali e occidentali hanno dovuto iniziare a fare i conti con un generale e diffuso rincaro di materie prime e spese logistiche.

Gli aumenti interessano praticamente ogni settore, dalla filiera della carta (+35% / 40%) a quella del vetro (+10%), alle quali fanno seguito alluminio, materie plastiche e anche legno. Non è esente neanche il settore alimentare, con lo zucchero schizzato a sua volta del +30% sul prezzo di mercato e altri prodotti, dalla frutta, alla pasta, alle verdure, che potrebbero seguirlo presto.

Una situazione scomoda, insomma, specie perché a ridosso di quella che, a seguito dei buoni risultati dei mesi scorsi, iniziava a preannunciarsi come un periodo di ripresa per molti settori. I rincari sulle materie prime interesseranno anche il mondo del vino, sia in termini di produzione che di export. Vediamo perché.

Rincari sulle materie prime: perché avvengono

I primi ad accorgersi che qualcosa non andava, già nel luglio scorso, erano stati i rappresentanti delle categorie edili. Costruttori alle prese con i cantieri sbloccati dal Recovery Plan del 2020, che ad un certo punto hanno iniziato ad avere difficoltà nel reperire materie prime e, di conseguenza, a rispettare le tempistiche di consegna dei lavori.

L’ANCE, Associazione Nazionale dei Costruttori Edili, aveva allora lanciato l’allarme, che aveva colto tutti di sorpresa. A questo, si era aggiunta nel frattempo anche Confindustria, denunciando i rincari diffusi sulle materie prime del settore manifatturiero e meccanico, con rischi concreti per le aziende dei due settori.

Di filiera in filiera si è arrivati a questo autunno, durante il quale gli aumenti sembrano ormai generalizzati e, purtroppo, non destinati ad assestarsi. All’appello manca ancora il settore alimentare che, nonostante la percezione del pubblico, non ha – ancora – subito impennate di prezzi. Tuttavia, potrebbe subirle presto, motivo per cui le associazioni di categoria sono già corse ai ripari.

In particolar modo, è proprio la percezione del pubblico a rappresentare un fattore pericoloso quanto i rincari stessi, in quanto perfettamente contrapposto a quello del “revenge spending”, registrato nei mesi scorsi, che aveva invece contribuito ad innescare una positiva ripresa dei consumi.

E proprio il revenge spending, ossia la “spesa per vendetta”, sarebbe – secondo gli esperti – la principale causa dei diffusi rincari sule materie prime. In un momento delicato per le economie di tutto il mondo, la progressiva uscita dalla pandemia rispetto ai difficili periodi precedenti, ha innescato fiducia e desiderio di normalità nelle persone, e quindi maggiori consumi. Consumi, ai quali il mercato non era pronto, non in forma così massiccia, ritrovandosi paradossalmente vittima della domanda eccessiva. E quando la domanda sale, si sa, l’offerta è più cara.

Rincari sul vino: Federvini quantifica le spese

Nonostante l’export di food & wine continui a registrare segnali in positivo, la preoccupazione di produttori e operatori del settore non si attenua, in vista dei possibili rincari in arrivo il prossimo inverno.

A richiedere interventi sul tema per il settore vitinicolo italiano è per prima Federvini, oggi guidata dalla dott.ssa Micaela Pallini. L’associazione denuncia per i viticoltori rincari sull’energia, ingredienti (zuccheri) e sulla logistica. Gli aumenti per il noleggio di container tra Asia e Europa, infatti, rappresenterebbe il fenomeno più critico, con picchi dal +600% al +2000% nelle ultime settimane.

In questo ultimo trimestre, il settore trasporti ha registrato solo il 4% di capacità extra alle rotte est-ovest, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Nonostante questo, la crescita dei traffici è aumentata quasi del 10%. Difficoltà, quelle appena descritte, riscontrate anche da importatori e esportatori di vini in Europa e Stati Uniti.

Il momento, a detta della stessa Pallini, è delicato e richiedere attenzione. In gioco c’è il futuro di molte aziende che in questi mesi dovranno necessariamente operare in modo intelligente, sfruttando le occasioni con migliore rapporto tra prezzo e investimento, come quelle offerte dal digitale.

Vendere vini online? È il momento di provare

Se la Pandemia ha contribuito ad un notevole incremento delle strategie online non è stato solo per una questione di fisica impossibilità di partecipare a fiere ed incontri in presenza. Vendere vino da remoto rappresenta un’opportunità concreta anche in termini di risparmio e praticità.

Non a caso, proprio il settore del vino aveva iniziato, prima di altre filiere, una lenta ma significativa transizione verso il digitale, accelerata, secondo gli esperti del The Economist, di circa cinque anni dalla pandemia, rispetto alla tabella di marcia.

Vendere vino online non è esente da investimenti, ma di gran lunga minori rispetto a quelli a cui la filiera del vino è abituata. Partecipazione e allestimenti per fiere ed eventi di settore, viaggi, trasporto di campionature, mediazioni linguistiche, pernotti, stampa del materiale promozionale:  le fiere digitali rappresentano un sistema concreto per ridurre i costi su tutte queste “normali” voci di spesa.

Rappresentano, cioè, un modello di resilienza, fondamentale durante i mesi caldi dell’emergenza sanitaria e altrettanto fondamentale anche oggi.

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Antonio Secondo



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