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Brexit e vino: il Regno Unito diventa un Paese Terzo. Quali scenari per il vino italiano?

L’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea ha iniziato ad ufficializzarsi in modo concreto con la sigla dei primi provvedimenti attuativi e fiscali in termini di regolamentazione di mercato. Le oltre 1.200 pagine che compongono l’ultimo deal firmato a ridosso della vigilia di Natale 2020 dal team di Boris Johnson e dai membri della Commissione Europea hanno di fatto cercato l’accordo su uno degli snodi più delicati e dibattuti all’interno della questione Brexit: quella delle importazioni e dell’applicazione di possibili nuovi dazi per la vendita di prodotti nel Paese.

Un accordo il cui dibattimento è durato oltre dieci mesi ma, all’interno del quale, la filiera del vino esce tutto sommato illesa, se considerate le disastrose conseguenze ipotizzate all’inizio dell’anno da operatori e professionisti di settore.

La preoccupazione maggiore era quella di un ritorno alla dogana pre-unione, con la reintroduzione dei certificati V1 e spese onerose per il transito e lo sblocco delle referenze e della cosiddettaDigital Tax. Niente di tutto, per il momento, sembra intravedersi all’orizzonte e il vino italiano tira un sospiro di sollievo. Tuttavia, è ancora presto per cantare vittoria: a preoccupare, infatti, è la possibile data di revisione degli accordi, già fissata al 30 giugno 2021, dopo la quale alcune cose potrebbero cambiare.

Brexit in Gran Bretagna: cosa cambia per il vino italiano

Tra le novità più interessanti vi è la sospensione temporanea di 21 mesi ai nuovi protocolli di etichettatura. Ciò significa che, fino al 30 settembre 2022, i produttori possono continuare a commercializzare le proprie referenze utilizzando il nome e l’indirizzo di un importatore (o imbottigliatore, nel caso di vino sfuso) con sede nell’UE.

Dal 1 ottobre 2022, invece, il vino commercializzato in Gran Bretagna dovrà obbligatoriamente essere etichettato con il nome e l’indirizzo di un importatore, o imbottigliatore, situato in UK. L’obbligo è valido per i Paesi del Regno Unito, cioè Inghilterra, Scozia, Galles, ma non l’Irlanda del Nord, giuridicamente indipendente.

A questo aspetto si aggiunge il potenziale pericolo di reintroduzione di adempimenti burocratici e spese doganali, che andrebbero pesantemente ad incidere sul valore delle esportazioni di uno dei principali Paesi Target del vino italiano. Il tutto con rallentamenti e complicazioni logistiche dovute al controllo delle merci in transito, con possibili ripercussioni in termini di tempo e oneri di spedizione.

Per il mondo del vino italiano” – racconta il segretario generale della UIV, Paolo Castelletti – “si aprono scenari del tutto nuovi. Il rischio è quello di poter incappare nelle medesime difficoltà che hanno travolto i vini francesi e spagnoli con l’approvazione dei dazi negli USA decisi dall’ex presidente Donald Trump”.

Politiche che hanno, di fatto, compromesso pesantemente le prestazioni di vini di lusso, come quelli di Borgogna, negli Stati Uniti, sulle quali il neo presidente Joe Biden è ora deciso a porre rimedio.

Il Regno Unito entra a far parte del piano Ocm Vino Paesi Terzi

Tuttavia, l’uscita della Gran Bretagna dall’Europa riserva anche qualche vantaggio per le cantine dell’Unione. Tra questi, sicuramente la possibilità di poter accedere ai fondi strutturali Ocm Vino Paesi Terzi includendo proprio il Regno Unito tra i Paesi Target ai quali ambire.

In questo modo, come accade per la Svizzera, sarà possibile richiedere finanziamenti per iniziative a sostegno dell’export anche in Gran Bretagna. Una potenzialità interessante, se teniamo conto che si tratta di un Paese geograficamente e culturalmente vicino (rispetto alle altre nazioni terze interessate dalla misura) e già avviato sotto il profilo dello scouting e delle collaborazioni tra operatori di settore.

Il tutto, con nuove ed interessanti opportunità dettate dall’inserimento tra le attività finanziabili del bando 2021 anche di strategie online per la promozione, ricerca di importatori e la degustazione dei prodotti.

Il Covid rallenta le esportazioni: ma siamo pronti a ripartire

Il Regno Unito rappresenta un polo di attrazione molto importante per i vini italiani. Con 770 milioni di euro in valore di spedizioni registrati nel 2019, la GB è entrata a pieno titolo tra i paesi più interessanti per l’Italian Wine.

A trainare i consumi, anche nel 2020, si riconfermano i rossi, ma i bianchi rappresentano un segmento di mercato interessante rispetto ad altri importanti Paesi. Il trend dei vini frizzanti, in particolare, aveva coinvolto particolarmente il mercato Britannico pre-Pandemia.

L’emergenza sanitaria è stata, purtroppo, responsabile di un calo del 9,2% sul valore delle transazioni. Un particolare fisiologico in un anno difficile come quello appena trascorso, ma che siamo pronti a superare insieme ai produttori partner della nostra agenzia.

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Da oltre dieci anni, come Elledue, affianchiamo le cantine italiane nel grande ed entusiasmante viaggio verso Paesi Terzi come USA, Cina e Russia. Grazie all’esperienza acquisita e ad un interessante portfolio di importatori provenienti da tutto il mondo, abbiamo scelto di non farci fermare dalla Pandemia e dall’annullamento delle principali fiere di settore.

Per questo, già nei primi mesi dell’emergenza, abbiamo lanciato Wine Business Hub: la prima piattaforma italiana dove trovare e incontrare operatori da tutto il mondo alla ricerca di vino italiano.

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Gli incontri avvengono all’interno di una chat room brandizzata, sicura e con possibilità di scambiare file e materiale promozionale, dove illustrare i prodotti e discutere condizioni contrattuali.

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Antonio Secondo



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